Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/505
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si racconta, se non fallo, come bestemmiava gli Dei e si professava vinta, ma non cedente. Noi che non riconosciamo né fortuna né destino né forza alcuna di necessità personificata che ci costringa, non abbiamo altra persona da rivolger l’odio e il furore (se siamo magnanimi e costanti e incapaci di cedere) fuori di noi stessi; e quindi concepiamo contro la nostra persona un odio veramente micidiale, come del piú feroce e capitale nemico e ci compiaciamo nell’idea della morte volontaria, dello strazio di noi stessi, della medesima infelicità che ci opprime e che arriviamo a desiderarci anche maggiore, come nell’idea della vendetta contro un oggetto di odio e di rabbia somma. Io, ogni volta che mi persuadeva della necessità e perpetuità del mio stato infelice e che, volgendomi disperatamente e freneticamente per ogni dove, non trovava rimedio possibile, né speranza nessuna; in luogo di cedere o di consolarmi colla considerazione dell’impossibile e della necessità indipendente da me,