Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/506

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[p. 31 modifica] concepiva un odio furioso di me stesso, giacché l’infelicità ch’io odiava non risiedeva se non in me stesso; io dunque era il solo soggetto possibile dell’odio, non avendo né riconoscendo esternamente altra persona colla quale potessi irritarmi de’ miei mali, e quindi altro soggetto capace di essere odiato per questo motivo. Concepiva un desiderio ardente di vendicarmi sopra me stesso e colla mia vita della mia, necessaria infelicità inseparabile dall’esistenza mia e provava una gioia feroce ma somma nell’idea del suicidio. L’immobilità delle cose contrastando colla immobilità mia: nell’urto, non essendo io capace di cedere, ammollirmi e piegare; molto meno le cose; la vittima di questa battaglia non poteva essere se non io. Oggidí eccetto nei mali derivati dagli uomini, non si riconosce persona colpevole delle nostre miserie o tale che la religione c’impedisce in tutti i modi di creder colpevole e quindi degna di odio. Tuttavia, anche nella religione di oggidí, l’eccesso dell’infelicità indipendente