Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4478

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[p. 411 modifica] che in tutte le nazioni vanno considerate come appartenenti al volgo; non già di quegli errori che il popolo ebbe comuni coi saggi; molto meno di quelli che furono proprii de’ saggi; materia che sarebbe infinita. Gli errori de’ saggi, antichi e moderni, sono innumerabili. Il popolo ha pochi errori, perché poche cognizioni, con poca presunzion di conoscere. Oltre che la natura, voglio dir la ragione semplice, vergine e incolta, giudica spessissime volte piú rettamente che la sapienza, cioè la ragione coltivata e addottrinata. E però non è raro che le genti del volgo e i fanciulli abbiano di molte cose opinioni migliori o piú ragionevoli che i sapienti; e non è temerario il dire che, generalmente, nelle materie speculative e in tutte le cose il conoscimento delle quali non dipende da osservazione e da esperienza materiale, i filosofi antichi errassero dalla verità, o dalla somiglianza del vero, meno che i filosofi moderni: se non in quanto i moderni, quando scientemente e quando senza avvedersene, sono tornati in queste cose all’antico (31 marzo 1829).


*    On ne s’égare point parce qu’on ne sait pas, mais parce qu’on croit savoir. Rousseau, Pensées, II, 219. Vedi p. 4502. [p. 412 modifica]


*    Il dogma dell’invidia degli Dei verso gli uomini, celebrato in Omero, e soprattutto in Erodoto e suoi contemporanei, sembra essere di origine orientale, o divulgato principalmente in Oriente. Poiché esso tiene alla dottrina del principio cattivo, ed a quelle idee che rappresentavano le divinità come malefiche e terribili; dottrina e idee aliene dalla religione della Grecia a’ tempi omerici ed erodotei, come ho osservato altrove. Ed esso è l’origine de’ sacrifizi, e delle penitenze, sí comuni in Oriente, quasi ignote in Grecia. L’atto di Policrate samio (ap. Erodoto) che getta in mare il suo anello per procurare a se medesimo una sventura, non è che una penitenza (31 marzo 1829).