<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/441&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192739</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/441&oldid=-20130712192739
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 441 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 471modifica] in proporzione che l’uomo si allontana dalla natura, per la società, l’alterazione o sostituzione di altri mezzi a quelli che la natura ci aveva dato per gli stessi fini ec. ec. E come l’uomo perde la felicità naturale, cosí pure, anzi precedentemente, perde la forza attuale dell’istinto, e dei mezzi ingeniti di ottener questa felicità. Perciò è un vero acciecamento il dire che il bruto ha dalla natura tutta quella istruzione che gli bisogna per esistere, l’uomo no: e dedurne ch’egli dunque ha bisogno di ammaestramento, di società ec., insomma ch’egli esce imperfetto dalle mani della natura e conviene che si perfezioni da se. Anche l’uomo aveva naturalmente tutto il necessario; se ora non sente piú d’averlo, viene che l’ha perduto; ha perduto la perfezione, volendosi perfezionare, e quindi alterandosi e guastandosi. Osserviamo l’uomo primitivo, il bambino, e proporzionatamente l’ignorante, e vedremo quanto essi o sappiano di quello che noi abbiamo scoperto, o credano di quello che noi non crediamo piú, ma dovevamo credere, e avrebbe servito ai nostri bisogni veramente, ed era l’istrumento che ci [p. 472modifica]conveniva e che