Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4347
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immerito noxa ejus et pernicies diceretur (Wolf, § 24, p. ci-cii), cosí non sarebbe men paradosso e forse piú vero il dire che la scrittura, celebrata per aver popolarizzata l’istruzione, è stata al contrario per una parte la causa di depopolarizzar la letteratura, la quale una volta non poteva vivere che presso il popolo, e di separar dal popolo i letterati, i quali già ne fecero necessariamente parte. La scrittura sola ha reso possibile una letteratura piú colta, polita e perfetta, la quale di sua natura non può essere, e non sarà mai, popolare (oggi siamo a un punto, che per farla tale, bisogna sperfezionarla, tornarla a una specie d’infanzia, a una rozzezza, sacrificando il bello all’utile). Vedi p. 4367. Né solo la prosa, e le scritture dottrinali, ma la poesia, che da prima, come si è veduto, ebbe per suoi propri uditori il popolo; che costituí tutta la letteratura quando la letteratura fu popolare; che anche oggi si grida, e per tutti i secoli antichi e moderni, si è gridato, dover esser popolare, esserlo già essa di sua natura; la poesia ancora è stata perduta dal popolo per colpa della scrittura; anzi esso è il genere piú lontano dal popolare, e il piú difficile ad esser tornato tale; anzi impossibile, se non quando la poesia di qualunque nazione e letteratura moderna non si riformi, ma si sbandisca affatto, e se ne crei una in tutto e per tutto nuova. Vedi p. 4352.
Componendo senza scrivere, non fidando i propri componimenti che alla memoria (ex eo Musarum, memorum dearum, diligens et in Iliade enixe repetita invocatio: Wolf, § 20, p. lxxxix), Omero e i poeti di que’ tempi erano ben lungi dall’aspirare all’immortalità. Quid? quod ne nominis quidem immortalitas tum quenquam impellere potuit ut ei duraturis monumentis prospiceret; idque de Homero credere, optare est, non fidem