Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4262
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Questo sentimento della inferiorità dei forestieri, questo riguardarli e trattarli come d’alto in basso, è ai francesi e agl’inglesi, per l’abitudine, cosí naturalizzato e immedesimato, come è ad un uomo nato nobile e ricco il parlare e trattare co’ poveri e co’ plebei, come con gente naturalmente inferiore, che anche l’uomo del piú buon cuore del mondo, e il piú filosofo, essendo nella detta condizione, li tratterà cosí, se non attenderà e non si sforzerà di proposito per fare altrimenti; perché quell’opinione di sua superiorità sopra questi tali è in lui non dipendente dal raziocinio, né dalla volontà.
Molto utile può essere ed è senza fallo questa opinione che hanno i francesi e gl’inglesi di se. Sarebbe utile anche a chi l’avesse senza ragione. La stima grande di se stesso è il primo fondamento sí della moralità, sí delle mire ed azioni nobili e onorate. Pure, perché il conoscere in altri un’opinione della inferiorità propria, e un certo disprezzo di se in qualunque cosa è sempre dispiacevole; non è dubbio che il veder questo tale orgoglio nazionale nei francesi e inglesi, non riesca assai dispiacevole e odioso ai forestieri. E perché la civiltà e la creanza comandano, e sopra tutto, che si nasconda il sentimento della superiorità propria, e il disprezzo di quelli con cui trattiamo, per ragionevole e fondato che ei sia; pare che i francesi e gl’inglesi dovrebbero nascondere quel lor sentimento tra forestieri. Gl’inglesi non si piccano di buona creanza; piuttosto di non averla, piuttosto di mala creanza: però di loro non ci maraviglieremo. I francesi non solo se ne piccano, ma vogliono essere, credono essere, e certo sono, la meglio educata gente del mondo. Anzi in questo fondano per gran parte quella loro opinione di superiorità. Perciò pare strano che al piú ben creato francese non riesca o non cada in mente di tenersi, parlando o scrivendo a forestieri, dal dar loro ad intendere in qualche modo (ma chiaro), che esso li tiene senza controversia per da meno di se. Molto meno poi negli scritti che pubblicano.
Anco pare strana questa cosa, considerata la gran sensibilità e paura che hanno i francesi del ridicolo. Perché se quella lor pretensione riesce ridicola a chi la stima giusta, e d’altronde utile e lodevole, come sono io; quanto non dovrà parere a quei che non pensano piú che tanto, o che la stimano assolutamente vana, esagerata ec.? Il che dee