<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4244&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20190918141848</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4244&oldid=-20190918141848
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 4244 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 180modifica] veramente a noi non sarebbero, perché non ci siamo piú inclinati e portati dalla natura in niun modo; e quando anche le facessimo, le faremmo forzatamente, sarebbe studio, e non natura, e però cosa inutile: tanto è mutata, vinta, cancellata in noi la [p. 181modifica]natura dall’assuefazione. Ma egli è però certo che questi atti, insegnati dalla natura medesima (il che non si può volgere in dubbio), sono, a chi li pratica naturalmente, un conforto grandissimo ed un compenso molto opportuno nelle calamità. Quella resistenza che l’animo fa naturalmente alla sciagura e al dolore, è il piú penoso che abbiano le disavventure, è il maggior dolore che prova l’uomo. Quando l’animo è domato, ogni calamità, per grave che sia, è tollerabile. Questo domar l’animo, questo ridurlo a cedere alla necessità e conformarsi allo andamento e alla condizion delle cose, lo fa in noi il tempo, il quale però il Voltaire chiama consolatore. Ma lo fa con lunghezza; e quella prima resistenza, oltre al durar di piú, ha questo ancora di piú doloroso, che ella si rivolge e si esercita contro di noi stessi; ella è dell’animo all’animo. Laddove nei selvaggi e nelle persone volgari ella si esercita contro le cose esterne, per cosí dire; e siccome le sue operazioni sono piú vive, cosí ella langue e manca piú presto. Ella abbatte il corpo, e però travaglia assai meno l’animo; bensí, perché col corpo anco l’animo è abbattuto, perciò quelle tali persone, dopo quegli atti, si trovano aversi domato l’animo e ridotto, per dir cosí, alla dedizione, da loro stessi, senza aspettare il tempo; onde quando si risvegliano da quei furori, da quelle smanie, hanno già l’animo accomodato a sopportar la sventura, a poterla guardar fermamente in viso, senza esser però coraggiosi. Ed è già notato e notasi giornalmente che nei plebei il dolore delle grandi sventure dura assai meno che nelle persone cólte. Sicché quegli sfoghi sono veramente una medicina, quasi un narcotico, preparata dalla