Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4181
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le ore intiere sdraiati con gran placidezza e serenità di atti e di viso, sulle loro zampe (Bologna, 3 giugno 1826). Moltissimi patimenti poi, massime morali, che senza la civilizzazione non avrebbero luogo, quantunque abbiano il loro rimedio, proccurato dalla stessa civilizzazione, per esempio la filosofia pratica, è ben noto che sono senza comparazione piú facili, piú frequenti, piú comuni essi, che l’applicazione effettiva e l’uso efficace di tali rimedi (Bologna, 3 giugno 1826).
* Alla p. 4178, fine. L’ipotesi dell’eternità della materia non sarebbe un’obbiezione a queste proposizioni. L’eternità, il tempo, cose sulle quali tanto disputarono gli antichi, non sono, come hanno osservato i metafisici moderni, non altrimenti che lo spazio, altro che un’espressione di una nostra idea, relativa al modo di essere delle cose, e non già cose né enti, come parvero stimare gli antichi, anzi i filosofi fino ai nostri giorni. La materia sarebbe eterna, e nulla perciò vi sarebbe d’infinito. Ciò non vorrebbe dire altro, se non che la materia, cosa finita, non avrebbe mai cominciato ad essere, né mai lascerebbe di essere; che il finito è sempre stato e sempre sarà. Qui non vi avrebbe d’infinito che il tempo, il quale non è cosa alcuna, è nulla, e però la infinità del tempo non proverebbe né l’esistenza né la possibilità di enti infiniti, piú di quel che lo provi la infinità del nulla, infinità che non esiste né può esistere se non nella immaginazione o nel linguaggio, ma che è pure una qualità propria ed inseparabile dalla idea o dalla parola nulla, il quale pur non può essere se non nel pensiero o nella lingua, e quanto al pensiero o