Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4179

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*   Fammi sentir di quell’aura gentile. Petrarca, Canzone Amor, se vuo’ ch’i’ torni al giogo antico, verso 31, cioè stanza 3, verso 1. Il genitivo per l’accusativo. Vedi ancora Canzone Quando il soave, stanza 4, verso 4 e Sonetto S’io fossi, verso ultimo (3 maggio, festa della Santa Croce, vigilia dell’Ascensione, Bologna, 1826).


*    Scorto per accorto, da scorgere per vedere ec. ovvero da scorgere per guidare, avvisare ec., come avisé ec. Vedi la Crusca.


*    Ἀλλὰ τὶ καὶ λέσχης (confabulationis) οἶνος (i.e. potatio) ἒχειν ἐθέλει. Ap. Athenaeum. Vid. Casaub., Animadvers. l. I, capitolo ultimo, init. Volere per dovere (Bologna, 6 maggio 1826). Non vogliono per non debbono. Vedi Rucellai, Api, vers. 621.


*   Già è gran tempo che né i principi nominano, né ai principi si nomina, sia lodandoli, sia consigliandoli, sia in qualsivoglia discorso, la loro patria. È gran tempo che le città e le nazioni hanno cessato di esser le patrie dei principi. Esse sono i loro stati, o nativi [p. 110 modifica]o no che i principi sieno. Ciò è tanto vero che anche in Inghilterra, anche in Francia, dove, ed esiste una patria, ed i principi, vogliano o non vogliano, sono per li sudditi, e non i sudditi pel principe, pure né essi né altri parlando o scrivendo ad essi (e di raro anche di essi), chiamano o l’Inghilterra o la Francia, loro patria. Si crederebbe abbassarli, offenderli, se si pronunziasse loro questo nome che mostra di avere una certa superiorità sopra di essi. I principi già da gran tempo si stimano, e da molti sono stimati essere, la patria essi medesimi. Distinguendoli dalla patria, si crederebbe oltraggiarli. Non cosí gli antichi. I Neroni e i Domiziani con nome falso, e di piú superbo, ma che pur conservava l’idea della patria, s’intitolavano P. P. pater patriae (nelle medaglie, iscrizioni ec). (Bologna, 10 maggio 1826).