<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/414&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192631</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/414&oldid=-20130712192631
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 414 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 454modifica] quei giudizi che formano e servono di base alla vita umana. Ma queste opinioni e giudizi non poteva trovarli realmente veri, se non supposta una religione, e una religion vera, cioè universalmente e stabilmente credibile. Ecco dunque come la ragione non poteva condurre alla felicità senza la rivelazione. La verità non era necessaria all’uomo in quanto verità, ma in quanto stabile credibilità. Ora la verità sola è stabilmente credibile nello stato di ragione e di sapere. E l’uomo senza credenza stabile non ha stabile motivo di determinarsi, quindi di agire, quindi di vivere.
[p. 455modifica]Ma siccome la verità era necessaria all’uomo soltanto come unico fondamento di quelle credenze che sono necessarie alla sua vita, perciò tutta quella parte di verità che non serve di fondamento a queste credenze è indifferente all’uomo, anzi nociva, anche nello stato presente di corruzione. Al contrario di quello che accadrebbe se la felicità dell’uomo o naturale o corrotto dovesse necessariamente consistere nella cognizione assoluta; il cui oggetto essendo la verità assolutamente, nessuna minima verità sarebbe indifferente all’uomo e l’uomo sarebbe infelice finché non avesse conosciuta tutta la generale e particolare estensione della verità, perch’egli, prima di questo punto, non sarebbe arrivato alla