Ma siccome la verità era necessaria all’uomo soltanto come unico fondamento di quelle credenze che sono necessarie alla sua vita, perciò tutta quella parte di verità che non serve di fondamento a queste credenze è indifferente all’uomo, anzi nociva, anche nello stato presente di corruzione. Al contrario di quello che accadrebbe se la felicità dell’uomo o naturale o corrotto dovesse necessariamente consistere nella cognizione assoluta; il cui oggetto essendo la verità assolutamente, nessuna minima verità sarebbe indifferente all’uomo e l’uomo sarebbe infelice finché non avesse conosciuta tutta la generale e particolare estensione della verità, perch’egli, prima di questo punto, non sarebbe arrivato alla (415) sua perfezione. Al qual punto però gli è formalmente impossibile di arrivare, come ho detto altrove, vedi p. 385-386 e p. 389-390. Dove che la religione, avendo insegnato all’uomo quelle verità che realizzano le credenze necessarie alla sua felicità, non solo non insegna o suppone le altre verità, ma anzi, come ho detto di sopra e come prova l’esperienza, non c’é maggior nemico della religione che un secolo pieno di cognizioni. E la religion cristiana si adatta e si deve adattare alla capacità dell’ignorante e conviene, anzi trova il suo miglior posto, nell’ignoranza delle altre verità. Le quali, anche astraendo dalla religione, pregiudicano alla felicità dell’uomo, quantunque già ragionevole, perché non sono altro che un’estensione di questa ragione e sapere che distruggono la umana felicità e un piú vasto eccidio di quelle opinioni e illusioni parziali, che anche dopo prevaluta la ragione possono esser credute stabilmente, se il sapere, l’esperienza ec. non si applicano parzialmente a sradicarle, cioè finché dura l’ignoranza parziale. La quale può occupare maggiore o minore spazio, e quanto piú ne occupa tanto piú l’uomo è felice. Per esempio, le scoperte geografiche sono indifferenti alla religione. Ma geometrizzando l’idea del mondo distruggono quelle belle illusioni che ancora