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est, sciens bonum et malum. (Genesi, III, 22). E non aggiunse altro in questo proposito. Dunque egli non tolse alla ragione umana quell’incremento che l’uomo indebitamente gli aveva procurato. Dunque l’uomo restò veramente simile a Dio per la ragione, restò piú sapiente assai di quando era stato creato. Dunque il decadimento dell’uomo non consisté nel decadimento della ragione, anzi nell’incremento. Vedi p. 433, capoverso 1. E sebben l’uomo ottenne precisamente quello che il serpente aveva promesso ad Eva, cioè la scienza del bene e del male, non però questa accrebbe la sua felicità, anzi la distrusse. Questi mi paiono discorsi concludenti, e raziocinii non istiracchiati, ma solidi e dedotti naturalmente e da dedursi dalle parole e dallo spirito bene inteso della narrazione Mosaica, e se ne può efficacemente concludere che lo spirito di questa narrazione è di attribuire formalmente la corruzione e decadenza dell’uomo all’aumento della sua ragione, e all’acquisto della sapienza; considerar come corruttrice dell’uomo la ragione e il sapere: cioè come mezzi espressi di corruzione, perché la causa primaria fu la disubbidienza, ma la disubbidienza a un divieto che proibiva appunto all’uomo di procurarsi e di rendere efficaci questi mezzi di corruzione e d’infelicità.