Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3787

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[p. 176 modifica] massime gli a lui dannosi ec., ora in atto odia senza alcun paragone piú i suoi simili che gli altri viventi qualunque, anche gli a lui piú micidiali, perché da questi è lontano, o poco affar ci può avere, e niun commercio di spirito; a quelli è sempre presente, e sempre ha affar seco loro, e commercio continuo e grandissimo, sí di corpo, sí, che è molto piú, di spirito. Per le quali cose è veramente un zucchero l’odio che oggidí l’uomo porta a qualsivoglia piú misantropo animale rispetto a quello ch’ei porta a’ suoi simili, e ciascun vede quanto sarebbe ridicolo il farne paragone. Sicché l’odio verso gli altri, qualità come naturale, cosí distruttiva della vera società, non solo in una società stretta non si scema nulla rispetto ai suoi simili da quel ch’egli era in natura, ma anzi, se non in potenza, certo in atto s’accresce a mille doppi, anzi pure svolgendosi da tutti gli altri viventi si raccoglie tutto, si termina e si rivolge ne’ soli suoi simili. Onde se il vivente, stante il detto odio, è antisociale per natura, in virtú della società stretta, non pur [non] diviene piú sociale, ma infinitamente piú antisociale che da principio, perché da principio egli odiava i suoi simili quasi solo in potenza, e in atto soli o molto piú gli altri viventi, e nella società stretta il suo odio dimentica quasi affatto gli altri viventi, ed in atto odia, si può dir, soli i suoi simili, e gli odia piú assai che da principio non fece i dissimili, co’ quali ebbe sempre molto meno affare ed intimo commercio che non ha ora co’ simili suoi.