Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3786

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[p. 175 modifica] degli altri individui, ed altrettali, anzi, per lo piú, maggiori che quei beni non sono. Dunque una società stretta nuoce necessariamente a grandissima parte (e la maggiore, perché i piú deboli sono sempre i piú) de’ suoi individui: dunque il suo effetto è il contrario del fin proprio ed essenziale della società, ch’è il bene comune de’ suoi individui, o almeno dei piú: dunque ella è il contrario di società, e ripugna per essenza non pure alla natura in genere, ma alla natura e alla nozione stessa della società.

Sí il contrasto degl’interessi, sí l’altre cose qui dietro esposte, fanno in modo che l’odio naturale d’ogn’individuo verso gli altri, in una società stretta, non pur si sviluppa tutto intero, e riceve tanta efficacia e tanto atto quanto egli ha di potenza, ma fa necessariamente, che, contro le intenzioni della natura e il ben essere della specie, quell’odio naturale, che in potenza e in natura è molto minore verso i suoi simili che verso gli altri viventi, in atto sia molto maggiore verso i suoi simili, anzi quasi tutti i suoi atti e i suoi effetti sieno rivolti contro i soli suoi simili. Perocché l’individuo di una società stretta, coi soli suoi simili ha stretto e quotidiano commercio ed affare. Or l’odio verso altrui non si può sviluppare né porre in atto se non quando si abbia o si abbia avuto affare coll’oggetto odioso. E tanto piú si sviluppa ed opera quanto questo affare è o è stato maggiore, e piú frequente, piú lungo, [p. 176 modifica]piú continuo. E in conformità di questi evidenti principii veggiamo infatti che mentre l’individuo umano da principio odiava assai piú sí in potenza sí in atto gli altri viventi,