[p. 61 modifica] appo i lettori alla stima non solo, ma all’interesse pel suo Eroe (che mal ei confuse colla stima), il concepirlo e il vederlo capace di passione, capace di amore, tenero, sensibile, di cuore. Come se potesse interessare il cuore chi non mostra, o dissimula a tutto potere, di averlo, o di averlo capace della piú dolce, piú cara, piú umana, piú potente, piú universale delle passioni, che si fa pur luogo in chiunque ha cuore, e maggiormente in chi l’ha piú magnanimo, e similmente ancora ne’ piú gagliardi ed esercitati di corpo, e ne’ piú guerrieri (vedi Aristotele, Polit., t. II, ed. Flor., 1576, p. 142); e che sovente rende ancora amabili chi la prova, eziandio agl’indifferenti, al contrario di quel che fanno molte altre passioni per se stesse. Il giudizio del Tasso, rispetto a Rinaldo, fu in questa parte migliore assai di quel di Virgilio. Egli non si fece coscienza di mostrare Rinaldo soggetto alle passioni, alle debolezze e agli errori umani e giovanili. Egli non dissimula i suoi amori descrivendo quelli di Armida per lui, ma si ferma e si compiace in descrivergli anch’essi direttamente. Egli non ha neppure riguardo di farlo