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[p. 416 modifica] o difficile; ti svaniscono quelle incertezze, quelle difficoltà ec. e tu sei costretto a non vedere e dimenticare quello che vedevi, a contraddire e condannare te stesso, anzi sovente a vedere e non vedere, ricordarti e dimenticare nello stesso tempo. Tale è la proprietà, non solo dell’eloquenza che strascina, ma anche di quella secca eloquenza, fondata sopra uno stretto ragionamento e una dialettica per lo piú ingannatrice (se non quanto al tutto, almeno quanto alle parti): eloquenza della quale fra gli antichi sono modelli i cosí detti oratori attici, fra i moderni (parlo almeno degli oratori di professione) forse il solo Bourdaloue, oratore veramente e propriamente attico, il quale convince l’uomo di cose non sempre vere, se non altro, non interamente vere (27 novembre 1820).


*   Non eadem omnibus esse honesta atque turpia, sed omnia maiorum institutis iudicari. Cornelio Nepote, Praef.


*   Alla p. 329, fine. Nulla Lacedaemoni tam est nobilis vidua quæ non ad scenam eat mercede conducta. [p. 417 modifica]Magnis in laudibus tota fuit Graecia, victorem Olympiae citari. In scenam vero prodire, et populo esse spectaculo, nemini in eisdem gentibus fuit turpitudini. Quae omnia apud nos partim infamia, partim humilia, atque ab honestate remota ponuntur. Cornelio Nepote, Praef. (27 novembre 1820).


*   L’uomo senza la cognizione di una favella non può concepire l’idea di un numero determinato. Immaginatevi di contare trenta o quaranta pietre, senz’avere una denominazione da dare a ciascheduna, vale a dire, una, due, tre,