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(3502-3503-3504) pensieri 427

di un male noto, si promette un piacere e un bene ch’ei non conosce né può conoscere, e ch’ei non vede né può vedere come sia per esser bene, e come possa piacergli;  (3503) a chi è misero in questa vita, e desidera necessariamente la felicità di questa esistenza, ed altra esistenza non può concepire né desiderarne la felicità, si promette la beatitudine di una tutt’altra esistenza e vita, di cui questo solo gli si dice, ch’ella è sommamente e totalmente e piú ch’ei non può immaginare diversa dalla sua presente, e ch’ei non può figurarsi per niun conto qual ella sia. Come l’uomo non può né collo intelletto né colla immaginazione né con veruna facoltà né veruna sorta d’idee oltrepassare d’un sol punto la materia, e s’egli crede oltrepassarla, e concepire o avere un’idea qualunque di cosa non materiale, s’inganna del tutto; cosí egli non può col desiderio passare d’un sol punto i limiti della materia, né desiderar bene alcuno che non sia di questa vita e di questa sorta di esistenza ch’ei prova; e s’ei crede desiderar cosa d’altra natura, s’inganna, e non la desidera, ma gli pare di desiderarla. Come dunque ei non può desiderar bene alcuno d’altra natura, cosí la promessa e la speranza di tali beni, non può per modo alcuno  (3504) consolarlo realmente né de’ mali di questa vita né della mancanza de’ di lei beni, né (quando e’ non fosse infelice) rallegrarlo e dilettarlo e compiacerlo colla dolcezza dell’aspettativa, e intrattenerlo e contribuire quaggiú al suo contento. Di piú, l’uomo si pasce per verità e si sostiene e vive grandissima parte della sua vita, anzi pur tutta la vita sua, della speranza, ancorché lontana, la qual è un piacere, ma come e perché? Perché l’uomo va immaginando e contemplando seco stesso a parte a parte il godimento ch’egli attende o spera, e prova diletto nel considerare e rappresentarsi il modo in che egli ne godrà, e le sue qualità e condizioni e circostanze, anticipando ed anzi assa-