<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/35&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192345</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/35&oldid=-20130712192345
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 35 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 130modifica] tutto quello che Quintiliano cita dell’opera di Celso. Anche Fortunaziano retore nei Retorici latini del Pithou, p. 69, cita Celso. Trovo poi anche parecchi modi e parole che mi persuadono che il libretto sia cavato veramente da Celso, perché sono frequenti e familiari sue nei libri della Medicina: per esempio § 3° «Oratoris artibus nemo instrui potest, nisi cui ingenium et frequens studium est. Primum animi sit (assoluto) oportet quaedam naturalis ad videndas ediscendasque res potentia. Tum vox (nota l’omissione del sitoportet e la dipendenza di questo periodo dal precedente familiarissimo a Celso), latus, decor, valetudo, frugalitas, laboris patientia.» E tutto il paragrafo è di maniera affatto celsiana. E § 4 Super hoc, per oltre a ciò, usitato da Celso; e la particella ubi per quando, allorché, se, familiarissima a Celso, e usata spesso qui pure, cioè § 9 e 10 tre volte, 11 due volte, e 17 due volte. E § 10. «Neque alienum est, ubi longior fuerit expositio vel narratio, extrema ita finire, ut admoneas quaecumque dixeris»; E ivi poco dopo: «Nec semper debet orator veterum se praeceptis addicere, sed scire debetincidere novam materiam quae novi aliquid postulet.» E quanto all’incidere, si trova anche in simile maniera § 11: «Evenit ut ante sit respondendum quam sit ponenda narratio, ut pro Milone: Incidit caussae genus quod summam habet quaestionis et magna ex parte tractandum sit, et sic sit ponenda narratio, ut provocare non velis, ut pro Habito (Avito)». E ib., piú sopra: «Alterum genus est in quo utique (modo familiarissimo a Celso) aeque supervacua narratio est»; e cosí § 12: «Haec enim verisimilia sunt, non utique vera.» E §.13. «Cum autem diu dicere volet, omne argumentum ornatius exequetur.» E ivi: «Si unum argumentum validum est et unum frivolum, a valido incipies, frivolum persequeris,
[p. 131modifica]rursum validum repetes.» E ivi: «Cum aliquibus partibus causa laborat, utilius ordinem quaestionum confundimus, quas ex toto tractare non expedit». Modo totalmente celsiano, al quale è familiarissimo, quando appo gli altri è, se non altro, raro, a mio parere; e che quasi solo basterebbe appresso me per farmi credere che il libretto sia cavato veramente da Celso. Modo del resto levato di peso dal greco ἐξ ἅπαντος, alla qual lingua s’accosta anche moltissimo e la maniera di Celso in generale, e molti modi frasi locuzioni ec. in particolare, e la semplicità e la forma della costruzione tanto del tutto quanto dei periodi, del collocamento loro ec., come a lingua madre, nel modo che alla italiana s’accosta come a lingua figlia. Si trova anche nel § 3. l’avverbio in totum per totalmente, che, se ben mi ricorda,