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[p. 406 modifica] a cui l’uomo si affeziona, applicandoci un interesse e uno scopo piú o meno determinato e piú o meno grave e importante; dove la continuazione, la lunghezza e la monotonia non arrivano mai ad annoiare. (22 novembre 1820). Vedi p. 359, capoverso 1.


*   Le buone poesie sono ugualmente intelligibili agli uomini d’immaginazione e di sentimento e a quelli che ne son privi. E contuttociò quelli le gustano e questi no, anzi non comprendono come si possano gustare, primieramente perché non sono capaci né disposti ad esser commossi, sublimati ec. dal poeta; e oltracciò perché, sebbene intendano le parole, non intendono la verità, l’evidenza di quei sentimenti; il cuore non dimostra loro che quelle passioni, quegli effetti, quei fenomeni morali ec. che il poeta descrive, vanno veramente cosí: e per tal modo le parole del poeta, benché chiare e da loro bene intese, non rappresentano loro quelle cose e quelle verità che rappresentano altrui, ed intendendo le parole non intendono il poeta. Bisogna bene osservare che questo accade anche negli scritti filosofici, profondi, metafisici, psicologici [p. 407 modifica]ec., affine di non maravigliarsi dei diversissimi e spesso contrarissimi effetti che producono in diversi individui e classi e quindi del diverso concetto in cui son tenuti. Perché, ponete uno scritto di questo genere, pienissimo di verità e composto con