gici ec., affine di non maravigliarsi dei diversissimi e spesso contrarissimi effetti che producono in diversi individui e classi e quindi del diverso concetto in cui son tenuti. Perché, ponete uno scritto di questo genere, pienissimo di verità e composto con (348)
tutta quella chiarezza d’espressioni, della quale possa mai esser suscettibile. Le parole dicono lo stesso all’uomo profondo e al superficiale: tutti comprendono ugualmente il senso materiale dello scritto, e insomma tutti intendono perfettamente quello che l’autore vuol dire. E non perciò quello scritto è compreso da tutti, come si crede comunemente. Perché l’uomo superficiale, l’uomo che non sa mettere la sua mente nello stato in cui era quella dell’autore, insomma l’uomo che appresso a poco non è capace di pensare colla stessa profondità dell’autore, intende materialmente quello che legge, ma non vede i rapporti che hanno quei detti col vero, non sente che la cosa sta cosí; non iscuoprendo il campo che l’autore scopriva, non conosce i rapporti e legami delle cose ch’egli vedeva e dai quali deduceva quelle conseguenze ec., che per lui e per chiunque gli somigli sono incontrastabili, per questi altri non sono neppur verità: vedranno le stesse cose, ma non conosceranno né sentiranno che abbiano relazione insieme e con quelle conseguenze che l’autore ne cava; non vedranno la relazione scambievole delle parti del sillogismo, giacché ogni umana cognizione è un sillogismo: brevemente, intenderanno appuntino lo scritto, e non capiranno la verità di quello che dice, verità che esisterà realmente e sarà compresa da altri. Cosí pure non avranno tanta forza di mente da poter dubitare e sentire la ragionevolezza e la verità del dubbio intorno alle cose che la natura o l’abito danno per certe. In questo numero di persone va posta la maggior parte dei moderni apologisti della religione, uomini senza cuore, senza sentimento, senza tatto fino e profondo nelle cose della natura, insomma