[p. 374 modifica] accostarsi a quella del loro secolo, davano in uno stile familiare, bellissimo bensí, ma poco diverso da quel della prosa. Testimonio l’Orlando dell’Ariosto e l’Eneide del Caro, i quali, a quello togliendo le rime, a questa la misura (oltre le immagini e la qualità de’ concetti ec.), in che eccedono o di che mancano che non sieno una bellissima ed elegantissima prosa? E paragonando il poema del Tasso (scritto nella propria lingua del suo tempo) colle prose eleganti di quell’età, poco divario vi si potrà scoprire quanto alla lingua. Di piú i poeti italiani del cinquecento furono soliti (massime i lirici, che sono i piú) di modellarsi sullo stile di Petrarca e di Dante. Il carattere di questo stile riuscí ed è necessariamente familiare, come ho detto altrove. Seguendo questo carattere, o che i poeti del cinquecento l’esprimessero nella stessa lingua di que’ due, come moltissimi faceano, o nella lingua del cinquecento, come altri; doveano necessariamente dare al loro stile un carattere di familiare e poco diverso da quel della prosa. E cosí generalmente accadde (il linguaggio del Casa non è familiare ed è molto