<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3136&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161204064322</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3136&oldid=-20161204064322
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3136 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 203modifica] Virgilio esso era abbastanza raffreddato, perché quasi niun di loro considerasse piú la sua patria come cosa individualmente sua propria. Il che appunto facevano i piú antichi, e [p. 204modifica]come questo cagionava l’entusiasmo che ciascun d’essi manifestava nell’operare per la patria, cosí produceva il grande interesse che ciascuno pigliava alle glorie d’essa patria cantate dai poeti. Questo spirito non si trovava piú ne’ romani, e però non poté essere se non mediocre in esso loro l’interesse verso le vittorie e le lodi di remotissimi loro antenati, che oltracciò portarono un nome diverso dal loro (troiani). Omero cantò ai greci liberi, e Virgilio ai romani, dopo lunghissima e ferocissima libertà fatti sudditi, e di piú pacificamente tiranneggiati, perché quello fu quasi il piú pacifico tempo dell’impero romano, e in ch’essi meno pensarono a libertà e meno si dolsero del giogo. Delle nazioni moderne poi, nulla dirò. Parlino i fatti; e se ne deduca quanto vivo e