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(3134-3135-3136) | pensieri | 203 |
dai moderni ha la fortuna assai piú nemica, che non quella virtú concepita dagli antichissimi, la quale consisteva quasi tutta o principalmente nella forza e nel coraggio; qualità che, se non sempre, certo assai spesso son seguíte (anche oggidí) dalla fortuna, e molto giovano a conseguirla. Ond’era tanto piú ragionevole e conveniente che a quei tempi l’eroe del poema epico, il quale dev’essere sommamente virtuoso, si scegliesse felice, perché quella virtú in ch’ei si doveva rappresentare eccellente conduce infatti alla felicità, e il mostrar ch’ella non avesse conseguito il proprio intento l’avrebbe mostrata imperfetta, come quella che non era bastata a produrre quel ch’ella suole, e a che ella naturalmente serve e conduce. Massime che gli uomini sogliono giudicar dai successi, (3135) ed estimare assolutamente la natura, le qualità, il grado, il valore e la propria bontà delle cose dai loro effetti. Ma la virtú modernamente considerata è per sua stessa natura, non solo non conducente, ma pregiudizievole alla fortuna. Questo discorso ha massimamente luogo ne’ tempi piú moderni in che l’idee morali, e per cagione del cristianesimo e per altro, sono piú raffinate, e sempre piú tanto si raffinano quanto piú divengono inutili, e tanto si perfezionano e sottilizzano in teoria, quanto si vanno segregando affatto dalla pratica. Ma proporzionatamente le dette considerazioni sono anche applicabilissime ai tempi di Virgilio; e in fatti la virtú di Enea è immensamente diversa da quella di Achille, e il tipo di perfetto eroe, concepito e voluto esprimere da Virgilio fu diversissimo e in buona parte contrario a quello di Omero.
4o, Oggi l’amor patrio e nazionale è quasi nullo. Anche ne’ romani al tempo di (3136) Virgilio esso era abbastanza raffreddato, perché quasi niun di loro considerasse piú la sua patria come cosa individualmente sua propria. Il che appunto facevano i piú antichi, e