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204 | pensieri | (3136-3137-3138) |
come questo cagionava l’entusiasmo che ciascun d’essi manifestava nell’operare per la patria, cosí produceva il grande interesse che ciascuno pigliava alle glorie d’essa patria cantate dai poeti. Questo spirito non si trovava piú ne’ romani, e però non poté essere se non mediocre in esso loro l’interesse verso le vittorie e le lodi di remotissimi loro antenati, che oltracciò portarono un nome diverso dal loro (troiani). Omero cantò ai greci liberi, e Virgilio ai romani, dopo lunghissima e ferocissima libertà fatti sudditi, e di piú pacificamente tiranneggiati, perché quello fu quasi il piú pacifico tempo dell’impero romano, e in ch’essi meno pensarono a libertà e meno si dolsero del giogo. Delle nazioni moderne poi, nulla dirò. Parlino i fatti; e se ne deduca quanto vivo e (3137) durabile interesse possa cagionare in un’epopea la nazionalità dell’impresa e dell’Eroe. Quando non esiste quasi nazionalità nelle nazioni. Ciò vale sopra tutto per l’Italia.
5o, Finalmente l’interesse che può produrre in un poema epico un Eroe ed un’impresa nazionale, felice, né può, come è chiaro, riuscire universale né anche può essere perpetuo, come piú sotto si mostrerà cogli esempi. Unico interesse che possa in un’epopea riuscire universale e per luogo e per tempo, cioè comune a tutte le nazioni e a tutti i secoli, si è quello che nasce dalla sventura e piú dalla virtú sventurata, dalla beltà, dalla giovanezza e anche dal valor militare personale sventurato. E questo altresí può solo esser vivissimo, e durare in chi legge, per tutto il corso della lettura, e perseverare nel suo animo lungo tempo di poi, come pungolo lasciato nella piaga.
Ma l’unico modo che v’aveva d’introdurre questo interesse nel poema epico, quello, dico, usato da Omero nell’Iliade, cioè di duplicare onninamente l’Eroe, l’interesse e lo scopo poetico di tutta l’epopea, non solamente (3138) dagli epici posteriori ad Omero non fu