<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3110&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161204090250</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3110&oldid=-20161204090250
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3110 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 189modifica] di quelle persone su cui l’interesse cade. Or dunque il lettore trova inutile il darsi gran pensiero di quelli a’ quali vede aversi bastante cura da altri. Il poeta e la fortuna da lui narrata fanno quello che avrebbe a fare il lettore interessandosi; essi medesimi provveggono al fortunato: il lettore non ha dunque niuna cagione di farlo egli, ei non desidera quello che gli è spontaneamente dato, quello ch’egli ottiene già senza darsene briga e sollecitudine. Per queste cagioni accade [p. 190modifica]che poco e poco durevolmente c’interessi il fortunato, massime ne’ poemi epici e ne’ drammatici. Ed effettivamente oggidí i lettori della stessa Iliade, non essendo greci, o non s’interessano mai vivamente per li greci, i quali sanno già dovere uscir vittoriosi, o presto lasciano d’interessarsene.1 Ma non bisogna dall’effetto che l’Iliade fa in noi misurar quello ch’ei faceva nei greci, ai quali essa era destinata, né per conseguenza l’arte del poeta che la compose, né il pregio e valore del poema.