Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2788
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fondata sull’autorità di sempre recenti e semibarbari e poco dotti grammatici in materie cosí antiche, come è questa; nella quale poi in particolare i grammatici, secondo il Visconti, errarono nella stessa significazione della parola, pigliando per démoni alati, per tempeste, procelle, venti ec. (vedi lo Scapula e il Tusano) quelle che, secondo il Visconti, non erano altro che le Parche.
Del resto, quando ben si volesse che ἁρπυῖαι fosse participio di ἀρπάω (il che io non credo) fatto per sincope d'ἁρπηκυῖαι (come anche ἑστὼς da ἑστηκὼς o ἑστακὼς o ἑσταὼς o ἑστεὼς, βεβὼς da βεβηκὼς o da βεβαὼς, βεβρὼς da βεβρωκὼς o da βεβροὼς) e che il latino rapio non fosse un disusato ἆρπω (supposto dal Visconti), ma questo ἁρπάω (del quale trovo nel Tusano: ῾Αρπάω, pro ἁρπάζω, usurpatur, Etym.) resterebbe sempre fermo e che ἁρπυῖαι o ἆρπυιαι fosse in origine un participio ec. e che la lingua latina conservi qui l'antichità più della greca, nella quale quest'ἁρπάω, che sarebbe certo più antico di ἁρπάζω, sarà pur sempre o inusitato o rarissimo, e forse noto per lo