Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2761

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*   Ma chiunque bene osservi vedrà che siccome questa scena riesce naturalissima e conveniente in Omero, cosí riesce forzatissima e fuor di luogo in Virgilio, e ripugna all’idea che il lettore si era formato sí del carattere di Enea, sí della virtú eroica generalmente, dietro alle tracce di quel poema: anzi, dirò anche, ripugna all’idea che se n’era formata lo stesso Virgilio. E tutto quel luogo del suo decimo libro, dov’Enea fa lo spietato e il terribile, si riconosce a prima giunta per tirato d’altronde (cioè dall’imitazione d’Omero, e dal carattere eroico-omerico), alieno dall’indole del poema e dell’eroe, alieno dal concetto medesimo di Virgilio: tanto che quella che si chiama inumanità sembra in quel luogo come affettata da Enea, ed ascitizia, e quasi finta e par ch’egli ci sia inesperto e non la sappia esercitare; laddove negli eroi di Omero