<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2733&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205205907</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2733&oldid=-20151205205907
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2733 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 402modifica] suddita di un popolo che quando ella scriveva le sue proprie storie, ancora non conosceva, seguiva pure ad essere l’istrumento della memoria dei secoli, e i casi del genere [p. 403modifica]umano e di quello stesso popolo dominante che l’aveva ingoiata ed annullato da gran tempo la sua esistenza politica, erano confidati unicamente alle sue penne. Tanto può la civilizzazione, e tanto è vero che la civilizzazione della Grecia ebbe una prodigiosa durata, e vide nascere e morire quella degli altri popoli (anche grandissimi), i quali erano infanti, anzi ignoti, quand’ella era matura e parlava e scriveva; e giunsero alla vecchiezza e alla morte durando ancora la sua maturità e parlando essa tuttavia e scrivendo. Veramente la Grecia si trovò sola civile nel mondo ai piú antichi tempi, e senza mai perdere la sua civiltà, dopo immense vicissitudini di casi, cosí universali