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(2733-2734-2735) | pensieri | 403 |
nere umano e di quello stesso popolo dominante che l’aveva ingoiata ed annullato da gran tempo la sua esistenza politica, erano confidati unicamente alle sue penne. Tanto può la civilizzazione, e tanto è vero che la civilizzazione della Grecia ebbe una prodigiosa durata, e vide nascere e morire quella degli altri popoli (anche grandissimi), i quali erano infanti, anzi ignoti, quand’ella era matura e parlava e scriveva; e giunsero alla vecchiezza e alla morte durando ancora la sua maturità e parlando essa tuttavia e scrivendo. Veramente la Grecia si trovò sola civile nel mondo ai piú antichi tempi, e senza mai perdere la sua civiltà, dopo immense vicissitudini di casi, cosí universali (2734) come proprie, dopo aver veduto passare l’intera favola del piú grande impero che nella di lei giovanezza non era ancor nata, dopo aver comunicata la sua civiltà a cento altri popoli, e vedutala in questi fiorire e cadere, tornò un’altra volta, in tempi che si possono chiamar moderni, a trovarsi sola civile nel mondo, e nuovamente da lei uscirono i lumi e gli aiuti che incominciarono la nuova e moderna civiltà nelle altre nazioni.
Lascio la storia ecclesiastica, della quale i greci hanno tanti scrittori e i latini, si può dir, niuno se non S. Ilario, della cui storia restano alcuni frammenti che non so però quanto abbiano dello storico, né se quella fosse veramente storia. Vedi i bibliografi e le opere di S. Ilario e una dissertazione del Maffei a pié dell’opere di S. Atanasio, edizione di Padova, 1777. Lascio le Croniche d’Africano e d’Eusebio, opere che niuno avrebbe pur saputo immaginare a quei tempi nell’Europa latina, che furono il modello di tutte le miserabili cronografie latine uscite di poi (di Prospero, Isidoro ec.), che furono recate allora nella lingua d’Italia, come nell’infanzia della letteratura latina furono tradotte le opere di Omero, di Menandro, (2735) ec. che furono anche recate nelle lingue d’Oriente