<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2720&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151208080550</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2720&oldid=-20151208080550
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2720 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 395modifica] ripugnanti all’indole della favella comune o particolare, illustre o plebea, di quel medesimo secolo. Della qual favella pertanto in queste cose non si può né si dee fare argomento da quelle scritture. Perché quelle mostruosità e stranezze, che noi crediamo e chiamiamo comunemente arcaismi, come non si parlano ora né si scrivono, cosí non furono [p. 396modifica]mai parlate né pure in quel secolo, né scritte se non da uno o da pochi, e quindi non sono proprie della lingua del Trecento, ma di quei particolari scrittori. E neanche nei secoli seguenti al suddetto, fino a noi, non furono mai parlate da alcuno in Italia, né scritte se non da qualche pedantesco imitatore e razzolatore degli antichi, de’ quali pedanti ve n’ha gran copia anche oggidí. Ma l’autorità di questi non fa la lingua né presente né passata. Vedi anche circa queste mostruosità arbitrarie e particolari di tale o tale