<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2707&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151208155748</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2707&oldid=-20151208155748
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2707 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 388modifica] e nel bene accostumare, benché quelle operazioni bene spesso, [p. 389modifica]anzi ordinariamente, ricevano il nome di queste. La maggior parte de’ libri, chiamati universalmente utili, antichi o moderni, non lo sono e non lo furono, se non perché distrussero o distruggono errori, gastigarono o gastigano abusi. Insomma la loro utilità non consiste per lo piú nel porre, ma nel togliere, o dagl’intelletti o dalla vita. Grandissima parte de’ nostri errori scoperti o da scoprirsi sono o furono cosí naturali, cosí universali, cosí segreti, cosí propri del comune modo di vedere, che a scoprirli si richiedeva o si richiede un’altissima sapienza, una somma finezza e acutezza d’ingegno, una vastissima dottrina, insomma un gran genio. Qual è la principale scoperta di Locke, se non la falsità delle idee innate? Ma qual perspicacia d’intelletto, qual profondità ed assiduità di osservazione, qual sottigliezza di raziocinio non era