<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2701&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151209190718</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2701&oldid=-20151209190718
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2701 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 385modifica] non è abbastanza distinta dalla lingua nobile e cortigiana ec., sí perché quella lingua che si parla (com’è la cortigiana) tien sempre piú o meno della plebea; sí perché allora i cortigiani ec. non hanno l’esempio e la coltura derivante dalle lettere nazionali e dalla lingua nazionale scritta, per parlare molto diversamente dalla plebe. Ora, l’unica lingua che possano seguire e prendere in mano i primi scrittori di una [p. 386modifica]lingua si è la parlata, giacché la scritta ancor non esiste. E siccome la lingua italiana e le sue sorelle non derivano dal latino scritto ma dal parlato, e questo in gran parte non illustre, ma principalmente dal plebeo e volgare, quindi la molta conformità di queste nostre lingue cogli antichissimi e primi scrittori latini. Vedi un luogo di Tiraboschi appresso Perticari, Apologia di Dante, capo 43, p. 430 (20 maggio 1823).