<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2632&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205204254</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2632&oldid=-20151205204254
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2632 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 345modifica] delle radici, nelle quali gli antichi greci sono ristrettissimi, ciascuno quanto a se, e notabilmente diversi gli uni dagli altri, nella totalità del vocabolario delle [p. 346modifica]medesime. Laddove i moderni ne sono incomparabilmente piú ricchi (come Luciano, Longino, ed anche piú i piú sofistici e di peggior gusto, e i piú pedanti; rispetto, per esempio, ad Isocrate, Senofonte ec) ed hanno in esse radici molto piú di comune fra loro. Ma quanto ai composti o derivati fatti da quelle radici che sono familiari a ciascuno di loro, niuno scrittor greco è povero, né scarso, né troppo uniforme. Ma, quando mai sarebbero piú poveri in questa parte i piú moderni, che i piú antichi. Certo sono piú timidi e servili, ed attaccati all’esempio de’ precedenti, e parchi e ritenuti e guardinghi e cauti nella novità. La qual novità, quanto alle voci, non può consistere in greco se non se in nuovi composti o derivati (5 ottobre 1822).