[p. 287 modifica] prosaica delle voci, frasi ec. forestiere? se piú triviale, piú ordinaria, insomma piú decisamente impoetica e piú distruttiva dell’eleganza del linguaggio e in maggior contraddizione colla natura dello stile poetico? Tanto che, riuscendo sempre le dette voci e maniere inelegantissime nella prosa, che pur è obbligata a minor eleganza, nella poesia riescono stomachevoli, e la cambiano affatto di poesia in cattiva prosa, onde osserva il Perticari (De’ trecentisti), sebbene non con tutta verità, che il barbarismo, insignorito delle prose italiane, pur non mise piede nelle poesie, come non ci potesse esser poesia con barbarismi. E questo perché? essendo il pellegrino cosí proprio della poesia, ch’ella non ne può far senza? Perché, torno a dire, se non perché tali voci e frasi ec. forestiere sono appunto le piú volgari, giornaliere, correnti, usuali voci e maniere della nostra favella presente? e quindi distruttive del pellegrino? e se nuove nella scrittura o nella poesia, non