<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2518&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203433</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2518&oldid=-20151205203433
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2518 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 286modifica] la prevenzione, che influisce moltissimo sopra il senso dell’eleganza e del bello in ogni cosa, e il giudizio del secol nostro non avrà troppa forza ne’ futuri, come non l’ha in noi il giudizio de’ cinquecentisti, questa nostra barbara lingua si stimerà elegante e piacerà perché divenuta già pellegrina, e forse il Cesarotti ec. passerà per modello d’eleganza di lingua.
Finalmente non è ella cosa conosciutissima che alla poesia non solo giova, ma è necessario il pellegrino delle parole delle frasi delle forme (niente meno che delle idee), per fare il suo stile elegante e distinto dalla prosa? Non lo dà per precetto Aristotele (Caro, [p. 287modifica]Apologia, p. 25)? Il poetico della lingua non è quasi il medesimo che il pellegrino? O certo il pellegrino non è una qualità poetica nella lingua e non serve di sua natura a poetichizzare il linguaggio e lo stile? Or ditemi se nelle poesie italiane d’oggidí si può trovar cosa piú