<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2513&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203412</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2513&oldid=-20151205203412
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2513 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 283modifica] altro simile) che non si dà eleganza senza pellegrino. Come non v’ha principio eterno del bello se non che il bello è convenienza. Ma come è mutabile l’idea della convenienza, cosí è variabile il pellegrino, e quindi è variabile l’eleganza reale, effettiva e concreta, benché l’eleganza astratta sia invariabile. Né purità né altra tal qualità delle parole o frasi, sono principii certi ed eterni dell’eleganza d’esse voci o frasi individue. Ineleganti una volta, divengono poi eleganti, e poi di nuovo ineleganti, secondo ch’esse sono o non sono pellegrine, giusta quelle tali condizioni del pellegrino, stabilite di sopra. [p. 284modifica]Queste verità sono confermate dalla storia di qualunque letteratura e lingua. La purità dell’atticismo non divenne un pregio nell’idea de’ greci, né fu sinonimo d’eleganza presso loro, se non dopo che i greci ebbero a udire ed usare familiarmente voci e frasi forestiere. Omero, Erodoto, Senofonte medesimo (specchio d’atticismo) erano