<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2303&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150904144908</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2303&oldid=-20150904144908
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2303 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 157modifica] colle Lammie, tutte cose che dimostrano un uso volgare e una perpetua conservazione della voce Lamia e dell’idea che significava o di un’idea analoga alla medesima, nel volgare latino fino ai primordi dell’italiano; altrimenti, come sarebbero andati quegl’ignorantissimi trecentisti a pescare questa voce e quest’idea ne’ pochissimi, e allora in gran parte ignoti e tutti malnoti, scrittori latini che l’adoperarono, per poi scambiarla nel volgare italiano con quello che gli scrittori latini chiamavano ninfa? Massimamente se considerate ciò che ho detto di sopra, che questa antica voce Lamia e questa idea, o altra a lei analoga (com’é naturale che il tempo cambi pur qualche cosa nelle opinioni del volgo, come nella favella, specialmente essendo mutata la religione), dovea per sua natura conservarsi sordamente [p. 158modifica]e tradizionalmente, ma lunghissimamente nella bocca e nella testa dell’infima plebe (la quale ora finalmente l’ha perduta; e questa voce non è che dei dotti nel senso di strega, de’ pedanti