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(2301-2302-2303) | pensieri | 157 |
il volgo (2302) ha finalmente cessato di adoperarla e di conoscerla, avendo non perduto né cambiato affatto quella stolta idea che quella parola significava, ma pur tanto cambiatala, ch’ella si esprime ora con altre parole.
2o, Gli scrittori latini adoperarono Lamia in senso di Strega o fata ec., e negli scrittori del trecento ella si trova, credo sempre, in senso di ninfa, tanto che i volgarizzatori di quel tempo, dove i testi latini dicono nympha, traducono regolarmente Lammia. Questa voce non la poterono dunque avere dagli scrittori latini, che l’adoprano in altro senso, ma dal volgare, il quale, come il volgo fu divenuto cristiano e considerò le ninfe e le altre deità del paganesimo come demoni e mali spiriti, cominciò e costumossi a chiamar Lammie le ninfe de’ Gentili (del che molti analoghi esempi cristiani si potrebbero addurre). Ovvero, intendendo per Lammie le fate delle quali a que’ tempi si discorreva e la cui idea somiglia a quella delle streghe ec., e le fate essendo una specie di ninfe, e viceversa, prevalse questo costume di confonder le ninfe (2303) colle Lammie, tutte cose che dimostrano un uso volgare e una perpetua conservazione della voce Lamia e dell’idea che significava o di un’idea analoga alla medesima, nel volgare latino fino ai primordi dell’italiano; altrimenti, come sarebbero andati quegl’ignorantissimi trecentisti a pescare questa voce e quest’idea ne’ pochissimi, e allora in gran parte ignoti e tutti malnoti, scrittori latini che l’adoperarono, per poi scambiarla nel volgare italiano con quello che gli scrittori latini chiamavano ninfa? Massimamente se considerate ciò che ho detto di sopra, che questa antica voce Lamia e questa idea, o altra a lei analoga (com’é naturale che il tempo cambi pur qualche cosa nelle opinioni del volgo, come nella favella, specialmente essendo mutata la religione), dovea per sua natura conservarsi sordamente