<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2175&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150226153631</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2175&oldid=-20150226153631
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2175 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 90modifica] natura poetica dei popoli meridionali, da quella degli scrittori che la formarono, dall’energia e vivacità degl’istituti politici e dei costumi e dei tempi romani. La poca libertà della medesima lingua venne dall’uso sociale che la strinse, l’uniformò, la prescrisse e determinò quella tale strada, quel tal carattere e non altro. La lingua greca, sebbene in mano di popoli vivacissimi per clima, carattere, politica, costumi, opinioni ec., nondimeno inclinò piú a far uso dello stile semplice che dell’ardito, e ciò per la natura dei tempi candidi ne’ quali essa principalmente fiorí e fu applicata alla letteratura. Ma dai soli scrittori dipendeva il farla ardita piú della latina e in qualunque genere, come fecero infatti ogni volta che vollero. Laddove non dipendeva [p. 91modifica]dagli scrittori latini, dopo che la lingua fu formata, il ridurla al semplice, al candido, al piano, al riposato della