<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2167&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150115170451</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2167&oldid=-20150115170451
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2167 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 86modifica] ἑαυτὸν, delle considerazioni di se stesso come li chiama il Menagio, piuttosto in greco che in latino, essendo romano, non allevato in Grecia (né credo che mai ci fosse) ed avendo posto molto e felice studio nelle lettere e nella lingua nativa, come apparisce sí da altre notizie che danno di lui gli storici, sí massimamente da ciò ch’egli scrive a Frontone e Frontone a lui. Non poteva aver egli di mira, cred’io, la maggior diffusione del suo lavoro, scrivendolo in una lingua piú divulgata. Ma io credo certissimo che egli non fosse indotto a preferir la lingua greca alla latina se non per la maggiore [p. 87modifica]libertà di quella. Della quale libertà egli aveva bisogno in un’opera profondamente ed intimamente filosofica, e attenente alla scienza della vita e del cuore umano e alle sottili speculazioni psicologiche. Non dubito ch’egli non disperasse di potere riuscire