Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2124
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cólte d’Italia, eccetto forse Roma, e la Toscana se non a tutte le provincie italiane, certo cede al Piemonte, Lombardia, Veneziano e non supera punto né le Marche né il Napoletano1. La preminenza dunque della letteratura, sola causa che potesse dare a Firenze il primato sulla lingua, e che glielo desse in effetto, è cessata, anzi convertita in inferiorità (appunto la letteratura è in meschinissimo stato in Toscana e, indipendentemente dalla lingua, lo stile, il gusto, le metafore, ogni qualità generale e particolare dello stile è cosí barbaro negli stessi Accademici della Crusca che fa maraviglia, e non credo che abbia cosa simile in nessuna piú incólta parte d’Italia). Tolta la causa, deve dunque cessare l’effetto, come cessò per la Sicilia, che da prima si trovò nel caso della Toscana, e per la Provenza, che da prima fu nel medesimo caso rispetto alla Francia.
Il dire che Firenze o la Toscana debba anche oggi considerarsi per centro ed arbitro della lingua italiana, perciocché piú secoli addietro fu preminente in letteratura, e che la sua letteratura antica le debba dare influenza sulla lingua nazionale moderna, è lo stesso che dire che gl’italiani debbono scrivere in lingua antica
- ↑ La corruzione della barbarie straniera è maggiore in Toscana tanto nelle scritture, quanto nella civil conversazione che nel resto d’Italia, anzi quivi è nel suo colmo e la riforma non v’ha quasi me-so piede. Come dunque dovrà ella esser la capitana di questa riforma? Del resto, non si può considerare se non la superiorità o inferiorità nella lingua scritta e civile, sola che spetti alla letteratura, sola che possa esser nazionale.