Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1951

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[p. 459 modifica] altra; Staël passim.) alla conversazione precisamente francese, qual è quella che i costumi francesi introducono, bensí a tradurla e pareggiarla. Questa facoltà però finora non è in atto ma in potenza. Se gl’italiani avessero piú società, del che sono capacissimi, come lo furono nel cinquecento, e se conversassero non in francese ma in italiano, essi ben presto riuscirebbero a dare alla loro lingua le parole e qualità equivalenti a quelle della francese in questo genere, e non per tanto parlerebbero e scriverebbero in italiano; riuscirebbero a creare un linguaggio sociale italiano tanto polito, raffinato, pieghevole e ricco e gaio ec. quanto il francese, non però francese, ma proprio e nazionale. E in questo si potrebbe ben tradurre allora il linguaggio francese o scritto o parlato, che oggi non traduciamo, ma trascriviamo, come fanno i traduttori tedeschi. Questa capacità è dell’indole dell’italiano, e quindi inseparabile da esso, non però può ridursi ad atto senza le necessarie circostanze, come solo in questi ultimi tempi la lingua o la poesia italiana è stata, non resa capace, ma effettivamente applicata allo splendore ec. dello stile virgiliano (19 ottobre 1821).


*    Ho detto che i fanciulli non ancora avvezzi ad attendere e ricordarsi facilmente misconoscono e confondono le persone che non