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[p. 277 modifica] dell’anima a desiderare quel tal piacere, secondo quello che dirò poi. Perciò ella potrà esser la cagione immediata di questo effetto (vale a dire che, se l’anima non provasse piacere nella vista della campagna ec., non desidererebbe l’estensione di questa vista), ma non la primaria; né questo effetto è speciale e proprio solamente delle cose che appartengono alla curiosità, ma di tutte le cose piacevoli; e perciò si può ben dire che la curiosità è cagione immediata del piacere che si prova vedendo una campagna, ma non di quel desiderio che questo piacere sia senza limiti. Eccetto in quanto ciascun desiderio di ciascun piacere può essere illimitato e perpetuo nell’anima, come il desiderio generale del piacere. Del rimanente, alle volte l’anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è la stessa, cioè il desiderio dell’infinito, perché allora in luogo della vista, lavora l’immaginazione e il fantastico sottentra al reale. L’anima s’immagina quello che [p. 278 modifica]non vede, che quell’albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l’immaginario. Quindi il piacere ch’io provava sempre da fanciullo, e anche ora, nel vedere il cielo, ec. attraverso una finestra, una porta, una casa passatoia, come chiamano. Al contrario, la vastità e moltiplicità delle sensazioni diletta moltissimo l’anima. Ne deducono ch’ella è nata per il grande, ec. Non è questa la ragione. Ma proviene da ciò, che la moltiplicità delle sensazioni confonde l’anima,