[p. 320 modifica] accade almeno nella maggior parte delle parole proprie di una lingua, l’idea ch’elle destano è quasi doppia, benché la parola sia proprissima, e di piú esse producono nella mente, non la sola concezione ma l’immagine della cosa, ancorché la piú astratta, essendo anche queste in qualsivoglia lingua, sempre in ultima analisi, espresse con metafore prese dal materiale e sensibile (piú o men vivo ed esprimente e adattato, secondo i caratteri delle lingue e delle nazioni ec.). Per esempio, il nostro costringere, che significa sforzare, serba ancora ben chiara la sua etimologia, e quindi l’immagine materiale da cui questa, che in origine è metafora, derivò ec. ec. Il complesso di tali immagini nella scrittura o nel parlare, massime nella poesia, dove piú si attende all’intero valore di ciascuna parola e con maggior disposizione a concepire e notare le immagini ch’elle contengono ec., questo complesso, dico, forma la bellezza di una lingua e la differente forza ec. sí delle lingue rispettivamente a loro sí dei diversi stili ec. in una stessa lingua. Ma se, per esempio, la cosa espressa da costringere, l’esprimessimo