<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1696&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20140112183908</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1696&oldid=-20140112183908
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1696 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 315modifica] verso. E pure, [p. 316modifica]fuor del verso, gli ardimenti, le metafore, le immagini, i concetti, tutto bisogna che prenda un carattere piú piano, se si vuole sfuggire il disgusto dell’affettazione e il senso della sconvenienza di ciò che si chiama troppo poetico per la prosa, benché il poetico, in tutta l’estensione del termine, non includa punto l’idea né la necessità del verso né di veruna melodia. L’uomo potrebb’esser poeta caldissimo in prosa, senza veruna sconvenienza assoluta; e quella prosa, che sarebbe poesia, potrebbe senza nessuna sconvenienza assumere interissimamente il linguaggio il modo e tutti i possibili caratteri del poeta. Ma l’assuefazione contraria ed antichissima (originata forse da ciò che i poeti si animavano a comporre colla musica e componevano secondo essa a misura e cantando, e quindi verseggiando, cosa molto naturale) c’impedisce di trovar conveniente una cosa che né in se stessa né nella natura del linguaggio umano o dello spirito poetico o dell’uomo o delle cose rinchiude niuna discordanza.