<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1345&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130827153902</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1345&oldid=-20130827153902
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1345 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 102modifica] perché la lingua italiana, essendo divisa in tanti dialetti popolari, ha un dialetto comune e polito necessariamente diviso assai da tutte le favelle popolari; dico un dialetto comune, non solo scritto, ma parlato da tutte le cólte persone d’Italia in ogni circostanza conveniente ec. Ora la singolarità [p. 103modifica]della lingua italiana scritta consiste appunto nell’aver preso piú di qualunque altra dalla favella popolare sí divisa dalla cólta, e massime da un particolare dialetto vernacolo, ch’é il toscano, e nell’aver saputo servirsene e nobilitare e accomodare alla letteratura quanto n’ha preso. Ma la lingua francese scritta poco si differenzia da quella della conversazione ec.; dove però questa si differenzia da quella del volgo, quella del volgo non influisce e non somministra nulla alla lingua letterata francese. 3o, Ho già detto che da principio, cioè quando la lingua italiana scritta seguiva principalmente questo costume di attingere dalla favella popolare, costume che ora ha quasi, e malamente, abbandonato, allora anch’ella era effettivamente assai simile alla parlata ec. Anche ora ella si accosta al