Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1245

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     2o, La gran vivacità, immaginosità, fecondità e varietà degl’ingegni degli scrittori nostri, qualità proprie della nazione adattabile a ogni sorta di assunti e di caratteri, e d’imprese e di fini.


     3o, Il moltissimo che la nostra lingua scritta, (giacché della ricchezza e varietà di questa intendiamo parlare, e questa intendiamo paragonare colle straniere), ha preso dalla lingua parlata e popolare. Or come ciò, se io dico, che la principale, anzi necessaria fonte della ricchezza e perfezione di una lingua sono gli scrittori e questi letterati? Ecco il come.

Ho detto, ed è vero, che la convenzione, sola cosa che può render parola una parola, cioè segno effettivo di un’idea, non può mai esser molto estesa, né uniforme e regolata, né nazionale, se non per mezzo della letteratura. Ma un popolo, massimamente vivacissimo come l’italiano, e in particolare il toscano e di piú civilizzato assai (qual fu il toscano e l’italiano fra tutti i popoli europei e prima di tutti), e posto in gran corrispondenza cogli altri popoli (come appunto la Toscana, sí per la fama della sua coltura, sí per le circostanze sue politiche, la sua libertà e specialmente il suo commercio1)

Note

  1. Notate in questo proposito che da principio si contrastarono la preminenza il dialetto veneziano e il toscano, appunto perché Venezia era pure insigne pel commercio. Vedi Monti, Proposta ec., vol. II, par. 1, p. 191, ed anche p. 168, fine.