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Vespri

XXV.
IMBIANCATURA

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XXV.


IMBIANCATURA





Per l’ampia volta querula,
     Nel coro intarsïato,
     L’orme di cinque secoli
     4Un giorno ha cancellato;
     Or tutto è liscio e candido,
     E, a quei toni abbaglianti,
     Àmmiccan gli occhi i santi
     8E parlano fra lor.

— Ahimè! sussurra il martire
     Che da una nicchia brilla:
     Uno spruzzo acidissimo
     12Mi entrò nella pupilla! —
     — Che freddo! — esclama un vescovo
     Al muro appiccicato;
     — È il giorno del bucato! —
     16Risponde un confessor.

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― Ehi, San Tommaso! brontola
     Dalla base san Luca:
     Son ritornati i barbari?
     20Povera Italia eunuca!
     A chi scrisse la bibbia
     Guastar l’appartamento....
     O artisti del trecento
     24Piangetene con me! —

Perchè vi fate, o fossili,
     Scimmie di Geremia?
     È vero, adesso il tempio
     28Sembra una trattoria;
     Ma eguali ognor non furono
     I preti ai tempi andati?
     Che a profanar sian nati
     32Strano per noi non è.

O Santi, quando cantano
     Le litanie pagate,
     O Santi, vendicatevi,
     36E adosso a lor cascate:
     Giù colle vostre clamidi,
     Giù cogli scettri d’oro,
     Gridando in mezzo al coro:
     40Filiste, Iddio lo vuol!

E tu, tu cogli il parroco,
     Calvo domenicano,
     Solo sulla tua mensola
     44Con Gesù Cristo in mano;

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     Forse il beato Angelico
     Fu un tuo vicin di cella,
     Forse la tua facella
     48Lambendo a notte il suol,

Di sotto all’uscio immobile
     Filtrando un po’ d’argento,
     Ne illuminò le tavole
     52Piene di firmamento;
     Forse il tuo canto fievole
     Sui sonni suoi volava,
     E il vecchierel sognava
     56Madonne in campo d’or.

E nel devoto secolo
     Vivere ancor credevi;
     Qui, venerata effigie,
     60Antiche aure bevevi;
     Qui de’ tuoi vecchi monaci,
     Sulla muraglia bruna,
     Col raggio della luna
     64Leggevi i nomi ancor.

Care beltà del tempio!...
     Sfumando in lontananza,
     Si univan tinte e linee,
     68Quasi fanciulle in danza;
     In fondo in fondo aprivasi
     Un arco a sesto acuto,
     E, come un detto arguto,
     72Traea le menti a sè.

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E vi parean riflettere
     Le pallide figure
     Pinte da ignoti artefici
     76Tra i fregi e le sculture;
     Dell’arte primogenite
     Vive di un soffio appena,
     Ma colla faccia piena
     80D’inenarrabil fè.

Erano i buoni e memori
     Testimonii dei morti;
     Occhi celesti, estatici
     84In cima a eccelsi porti,
     Avean veduti i secoli,
     Travolti a cavalloni,
     Cadere in ginocchioni,
     88Pentirsi, e dileguar.

Te non vedran, mio secolo,
     Te che empiamente pio
     Fai spose allo sbadiglio
     92Le insulse preci a Dio;
     Te senza l’ire intrepide
     Dei saggi Iconoclasti,
     Senza un amor che basti
     96A darti un altro altar!

Ma il non lontano postero
     Ripercorrendo il sito
     Da tuoi pittori ipocriti
     100Già di bugie vestito,

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     Ripenserà la gloria
     Dei poveri defunti,
     E i bei profili smunti
     104A liberar verrà.

E l’armonia degli organi,
     E il fumo degli incensi
     Non alzerà quel libero
     108Sotto i sereni immensi;
     Del bello eterno apostolo,
     Prete della natura,
     Egli la fede impura
     112Tinta di bianco avrà!