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XXIV.
MONASTERIUM
Cantico dei Cantici.
Quando il mesto tramonto
Empie di lunghe striscie d’oro il cielo
E la campagna di confusi suoni;
Quando la danza del leggiadro stelo,
5Sommessamente,
Dice di aprirsi al fiorellin notturno,
E la lucciola sente,
Al burrichìo dell’invido insettume,
Che la notte fedel le accese il lume;
10Quando buccie e bulbilli,
Intemerato popolo di ebrei,
Stan la manna a aspettar della rugiada,
Sotto le branche degli scarabei,
Sbadiglïando;
15Quando gracchian le rane i paludosi
Epitalamii, e quando
Sembra, se volto in su l’irta mascella,
La punta del mio sigaro una stella;
Quando gli archi lombardi
20Del monastero, con un’aria pia,
Par che guatin l’azzurro, occhiaie smorte,
E della luna la fisonomia;
Quando alle soglie,
Che il voto sigillò come una bara,
25Del sagrestan la moglie
Più non viene, cantando, a porre al sole
Delle bambine sue le camiciuole;
Io, reprobo poeta
Di messale sdegnoso e d’ostensorio,
30Vagando nelle flebili campagne,
Passo talor vicino al parlatorio
Della clausura;
— Salve, se vieni in nome del Signore! —
Dice una pietra oscura,
35E lambe un lumicin, dietro la grata,
Quella gran croce che vi sta piantata.
Una croce di legno
Con un pallido, magro e lungo Cristo
Pinto ad olio da un monaco spagnuolo
40Di cui l’ossame nel mortorio ho visto:
Il Redentore
Pianger di venti secoli ti sembra
La stanchezza e il dolore,
E insanguinar sul fianco macilento
45Le ragnatele che vi scuote il vento.
Ed io siedo a un gradino
Ove devoti innumeri han pregato,
Ove ginocchia che or son fango o fiori
Una traccia comune hanno lasciato;
50Siedo, e veggo sfilarmi
Davanti ad uno ad uno i pellegrini
Che sembrano additarmi
Fra loro, e dirsi: oh vedi un giovinetto
Che guarda il Cristo, e non si batte il petto!
55Poi ripigliano il volo
Colle rigide braccia al cielo alzate,
E i teschi aguzzi che nell’aria scura
Fingono un bosco di piante sfrondate;
Essi volano via,
60Ma, dai profondi tumuli del chiostro,
Cui più nessun non spia,
Escono, forse a bever raggi e venti,
Le melodìe dei postumi lamenti.
A bever venti e raggi,
65O ad inseguir nel nebuloso corso
Quei fantasmi nemici al giovinetto
Perchè non piega a un monastero il dorso;
Inseguirli, e cantare:
— Quando voi venivate a quel gradino,
70In ginocchio, a pregare
Pei vostri figli e per le vostre spose,
Noi morivam dietro le grate esose.
Oh frescura notturna!
A respirarla uscitene, fanciulle.
75Le morte son sepolte, e uscir non ponno;
Per le alcove nasceste e per le culle,
Giovinettine uscite,
Chè lo Sposo del ciel non giunge mai!...
Le son fiabe ordite
80Dalle badesse, perchè mai nessuna
Si rompa il capo alla muraglia bruna! —
Così parla il silenzio
Al mio pensiero. E colle scarne mani
Scuoto la sbarra, e invoco il Cristo, e vedo
85Ch’egli si allunga in torcimenti immani
Sul legno che l’abbranca,
E sbuffa, e geme, per toccar la terra....
Ma l’orizzonte imbianca,
E mi caccia pel gelido cammino
90La campana che suona a mattutino.