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I III

[p. 16 modifica]E dalle ragioni incominciando, per cui a rifar la repubblica, e disfare ad un tempo la signoria, indurre ti voglio, o Trajano, non mi pare inopportuno, benchè cosa a tutti noi nota, di brevemente toccar le ragioni, per cui, parte dal loro mal animo, [p. 17 modifica]parte dalla necessità e corruzione dei tempi, furono i primi fondatori della tirannide nostra indotti a distruggere la repubblica: tanto in ciò più crudeli, che, quasi a scherno dei miseri cittadini, lasciando le apparenze ed i nomi di libero governo, afflissero poi la città di tutti gli orribili flagelli, che ai più vili e servi uomini toccato sia di sopportare pur mai.

Le inimicizie tra la plebe e il senato, cagioni ad un tempo della nostra crescente virtù e grandezza, furono poi, oltre la mole troppa della potenza nostra, la cagion principale della rovina. Mario, e Silla, funesti nomi alla romana grandezza e felicità, furono quelli che delle forze romane, terrore già un dì degl’inimici di Roma, si valsero a spaventare, stravolgere, insanguinare, e distruggere Roma stessa. Cagione glien diedero [p. 18 modifica]i nostri vizj ed i loro; pretesto, le inimicizie nostre e fazioni; mezzo, i numerosi eserciti, che, a così sterminato imperio difendere, necessarj erano divenuti pur troppo. Ma questi eserciti erano pure composti altre volte di cittadini romani: e tali furono, finchè scellerati disegni nell’animo dei lor capitani non entrando, li vollero soltanto a Roma fedeli, ed ai nemici terribili.

Pure la spirante repubblica un bello e magnanimo esempio di romana grandezza vide ancora, ed ammirò, in quel Silla stesso, che l’avea di lutto, di tremore, e di sangue riempiuta. La dittatura rinunziata, e la cittadinanza (benchè superbamente) ripresa, collocarono Silla, e tuttora lo lasciano, infra i tiranni tutti il più grande. Un assoluto imperio legittimo (se legittimo v’ha) rinunziato [p. 19 modifica]spontaneamente; un popolo ricondotto a costumi, a splendore, a virtù, a libertà; assegneranno al ristauratore di essa, e al distruttore della propria tirannide, il primo luogo, non che fra i principi, ma fra gli uomini tutti i più liberi, i più virtuosi, i più magnanimi. Di Cesare non parlo; maturo era allora il nostro servire, e dovendo pur Roma per poco tempo esser serva, nol potea con minore infamia, che a Cesare. Degno era forse Pompeo di difenderla, se tenuto il mondo intero non avesse in un dubbio niente per lui onorevole, qual cosa anteponesse egli, la repubblica, o se stesso.

La trista successione poscia di principi tali, che i non furibondi chiamaronsi buoni, andò struggendo il libero e maschio pensare; i virtuosi fatti, e la memoria perfino di essi indebolì, [p. 20 modifica]e nascose: ma, consumò ad un tempo, se non tutti, gran parte di quegli umori perversi, che alla rovina della libertà contribuito aveano. Nelle spesse e lunghe civili guerre, estinte e rinnovate le legioni già use a donare e toglier l’impero; agguerriti gli eserciti nostri tanto più, che Romani a Romani combattere, maggior virtù richiedeasi; facilmente poscia nei brevi respiri dalle domestiche dissensioni passarono a respingere i nemici, ad assicurare ed estendere i confini del romano impero. I Romani finalmente, atterriti ed attoniti dai mali in cui precipitati gli aveano i vizj loro; e, per la incessante tirannide di quei mostruosi principi, purgata e vuota la città dei più ricchi, e potenti, e soverchianti cittadini; questo gran corpo, debole [p. 21 modifica]sì, attenuato ed infermo, ma non estinto, rimase.

I pochi anni dell’impero di Nerva, e del tuo, a noi tutti insegnarono, che tacendo il timore potea riparlar la virtù. Rinsaviti noi dai nostri passati mali, e il vizio perdendo oramai gl’infami suoi premj, si andò per se stesso consumando nella dovuta sua oscurità e bassezza; ovvero, se l’audace fronte osò egli pure di tempo in tempo innalzare, la meritata pena lo ammonì che il principato pendeva in repubblica. Oggi dunque, mentre io a te parlo, o Trajano, Roma, dagli esempj tuoi generosi al ben fare invitata, ha dentro di se in assai minor numero i rei: ed i buoni, ora che senza pericolo tali manifestare si possono, molti più che da credere non sarebbe dopo sì lunga tempesta, o vi [p. 22 modifica]si manifestano, o rinascono; o anche, dalla necessità traviati finora, al sentier di virtù, benedicendo te come loro infallibile e magnanima scorta; pieni di nobile invidia ritornano: tanto più caldi settatori di essa, quanto la macchia dei loro passati falli più acerbamente gli stimola a torsela.

Se dunque dimostrato ti ho, che in Roma sorgea la tirannide perchè tutto preparato era per riceverla e meritarla; ancorchè non ti potessi io dare così evidenti prove, che il tutto oramai preparato vi sia per ricevere e meritar libertà, l’altezza del tuo cuore supplirà, spero, e alla scarsità delle prove mie, e alla mancanza di virtù nei cittadini nostri infelici, e non liberi. Troppo ben sai, o Trajano, che la pubblica virtù suole, e deve essere, della restituita libertà; più figlia, che madre.